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Perso di Moreno Hebling

 

«A tema hawaiano dici... non sono troppo convinto» si lamentava Sandro. «Sei un cazzo di orso, Sà. Un po' d'aria fa bene», lo provocò Manuel. «Me l'ha detto Riccà! E mo' senti: alla Biennale 'sto anno c'è l'installazione della spiaggia. Viene da sé che sarà una festa hawaiana». Sandro, non ritenendo la spiegazione sufficiente, titubava. Nel frattempo Alex non diceva niente e giochicchiava con l'orecchino fatto da poche settimane. «Facciamo così,» disse Giorgio, mediatore «noi ci andiamo, in caso ce ne andiamo. Siamo tutti d'accordo?»

Il giorno della festa si recarono al palazzo già in costume. Camicia floreale, costume da bagno e collane di fiori. In più, Sandro indossava un fedora e Alex la maschera da sub. Arrivati all'ingresso si fermarono. «Che posticino». La festa, organizzata dalla Biennale, si teneva in un palazzo di tre piani con i muri rosa tenue, alte colonne bianche e un giardino pensile. Entrarono e salirono le scale, ridendo e spingendosi per gioco. Si erano prefissati un grande programma: bere gratis, mangiare tartine e visitare per la prima volta un giardino pensile.

Arrivarono di fronte a una grande porta scuro. Giorgio, gasato, la aprì ed entrarono ridendo. I loro sorrisi però si spensero sotto gli sguardi sèri dell'intera sala che li scrutava, attratta dal cigolìo. I quattro si guardarono attorno. Erano gli unici travestiti. Fingendosi disinteressati, gli altri ospiti si girarono e fecero finta di niente, lasciandoli ammutoliti e colorati in mezzo a un esercito di jeans e magliette monocrome. In quel momento arrivò Riccardo di soppiatto. Come gli altri, vestito normalmente. Cercò di accennare un saluto ma Manuel lo prese e se lo tirò vicino. «Che scherzo è questo? Dove sta la festa hawaiana?» «Che vuoi cazzone, avevo capito male! Adesso molla prima che ti rompa le dita». Lo lasciò fissandolo in cagnesco. «Allora dov'è la tua camicia?» chiese lisciandogli la maglietta che aveva stropicciato. «Mi porto sempre un cambio in zaino» «Comunque è bello vederti» continuò Manuel, cercando di scusarsi per il suo comportamento. «Anche per me. Voi come l'avete avuto l'invito? A me la Brigitta ha lasciato il suo». I quattro si guardarono tra loro. Invito? Non solo erano in costume, ma pure imbucati? «Ecco perché siete entrati dal retro». Dal retro? Cominciavano bene.

Riccardo si allontanò come si era avvicinato – cioè fingendo di non conoscerli. «E adesso?» chiese Sandro a disagio. «Voi al sud proprio non c'arrivate con la testa, eh?» disse Alex spintonando Manuel . I due battibeccarono un po', finché Giorgio non si mise in mezzo. «Così ci notano ancora di più! Fate i disinvolti» «Scherzi?». Spiccavano come fiori in un cumulo di carbone. Tamburellò le dita sul mento per pensare meglio, poi ebbe un'idea. «Fingiamo di essere i performer. Diciamo che, dopo essere usciti dall'Arsenale, ci siamo fatti un passeggiata e poi siamo venuti qui diretti». Alex non sembrava convinto. «Vado a rubare qualche birra prima che ci inculino» disse sfilando il boccaglio.

Giorgio, arrivato al tavolo, studiava con occhio vigile le tartine e le scaglie di grana. Ne prese una manciata e si guardò intorno in cerca di caraffe o qualsiasi altra fonte dalla quale attingere alcolici. «Che cerchi di bello?» domandò una voce dietro di lui. Si voltò masticando, e rimase con la bocca mezza aperta da bravo idiota. A parlare era una ragazza alta come lui con gli occhi verde foglia, i capelli ricci legati in alto e un viso delicato e dolce da attrice, vestita con una tuta intera nera. Si riprese e mandò giù l'enorme boccone coprendosi la bocca. «Bere» disse quasi strozzandosi. Lei lo guardò da capo a piedi. «Bella camicia». Le spiego la storia: era uscito dall'installazione, aveva passeggiato, e ora eccolo lì. «Non ci credo» si limitò a dire. «Dubiti di me?» chiese offeso. «Sì» «E perché mai» «Perché io sono una performer e non ti ho mai visto» disse per concludere la disputa. “Benissimo” pensò Giorgio. «Se ti dicessi che facciamo turni diversi?» azzardò per tirarsi fuori dalla situazione. La ragazza scosse la testa storcendo la bocca, e lui si perse a guardarle le labbra rosee. Lei rise. Che se ne fosse accorta? «Hai detto che volevi bere?». Quasi fosse una risposta sconveniente le disse di sì, cauto. «Di qua» disse, e lui la seguì senza fare storie.

«E così ti sei imbucato» esordì passandogli il calice. «Già, per sbaglio. Non pensavo servisse l'invito.» «Curioso. Io invece l'invito l'ho perso. Siamo due abusivi» disse dolcemente. Si misero a parlare: cosa studiavano, dove abitavano, perché la camicia hawaiana e così via, ma quegli occhi verdi avevano la precedenza su tutto. Parlava senza pensare ad altro. 

Un bestione in nero li raggiunse spezzando la magia. “Aveva ragione Alex, qui ci inculano”. «Mi mostri l'invito, signore» gli chiese. Era pronto ad arrampicarsi sugli specchi, ma la ragazza entrò in suo soccorso. «È un performer. Ha il diritto di stare qui». Il gorilla, solo allora, la guardò. «Anche il suo». «Beh, merda,» disse lei lanciando un occhiata a Giorgio «penso proprio di averlo perso». «E allora ve ne dovete andare» continuò serio. «Woah, stiamo tutti calmi!» lo rimproverò Alex, spuntato dietro di loro. «Ce ne andiamo». Li prese sottobraccio e li trascino via. «E questa chi è? Viene con noi?». Lei lanciò un'occhiata alla festa. «Certo. Qui è una noia mortale» e imboccarono le scale. «Sono d'accordo, però vi chiedo di accelerare il passo». Come lo disse, sentirono la roboante voce del buttafuori. «Fermate gli hawaiani!». «Vi spiego dopo!» e cominciarono a correre. Gli altri due li aspettavano lì fuori con due bottiglie di prosecco. I passi rimbombavano per le scale. Era quasi lì. «Via!» ordinò Alex. Scapparono tutti. Sandro inciampò quasi e perse il fedora. Manuel ghignava, «Fermi!» urlava il gorilla. Correvano. «Di qua!». Giorgio seguiva la ragazza comparsa dal nulla come un angelo che ora scappava con loro da un buttafuori. Aveva il potenziale per essere la donna ideale. Intanto filavano per calli e callette.

Arrivarono in piazza San Marco e si sedettero al Florian, ormai chiuso, sfiniti. «Ve l'avevo detto che ne valeva la pena» ansimò Manuel. «Queste non possiamo berle ora» notò indicando le bottiglie «Scoppierebbero». Alex, con il fiatone, tirò su la camicia. Dentro la cintura aveva infilato cinque bottiglie monodose Bellini. Giorgio ne passo una alla ragazza. Le si erano fatte le guance rosse per la fatica. «Comunque: Giorgio» si presentò tendendole la mano. «Ambra». La sua pelle era vellutata e le mani graziose e piccole, sembrava divertirsi . Brindarono alla Biennale e ai buttafuori, mentre non riusciva a toglierle gli occhi di dosso e cresceva in lui la voglia di sapere tutto di quella ragazza. 

Ancora non lo poteva sapere, ma l'avrebbe scoperto nel corso degli anni che fortuna fosse stata, per lui e per Ambra, che lei avesse perso l'invito a quella festa.

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